La buona notizia/ Le aziende del Nord sono ancora competitive
Nonostante l'aggressione fiscale di uno Stato incapace di riformarsi, i nostri imprenditori continuano a produrre eccellenze. Quelle che nel mercato mondiale conquistano il podio per qualità e export

Nella top ten delle medaglie d’oro si trovano nell’ordine: le calzature con suola esterna e tomaia in cuoio naturale (per cui l’Italia guadagna 2,7 miliardi), macchine e apparecchi per imballaggio (2,5 miliardi), piastrelle e lastre da rivestimento in ceramica verniciate o smaltate (2,5 miliardi), borse in pelle (2,2 miliardi), occhiali da sole (1,9 miliardi), pasta (1,8 miliardi), cuoio a pieno fiore conciato (1,8 miliardi), barche e panfili da diporto (1,6 miliardi), conduttori elettrici (1,4 miliardi), e parti di macchine per imballaggio e altri apparecchi (1,4 miliardi). Se andiamo a vedere quali sono i protagonisti di questi record incontriamo in quasi tutti i comparti soprattutto compagnie del Nord. La sola brillante eccezione, per i primi dieci prodotti, è la pasta, dove fanno la voce grossa anche le compagnie meridionali. Prendiamo la vetta: le calzature e gli stivali in pelle e cuoio. In questo tipo di produzione, i cinesi arrancano per criticità tecniche – lavorare suole in cuoio è un’operazione complicata – e di costo. I campioni della pelletteria italiana si trovano in Toscana, dove nel polo fiorentino del lusso si addensano reti di piccole imprese che lavorano conto terzi e servono le griffe più prestigiose. Per il design e la produzione di materie tessili per uomo e donna, altra punta di diamante del nostro manifatturiero, il fulcro delle attività diventa la Lombardia, in cui accade molto più di frequente che le imprese del comparto si coalizzino per organizzare iniziative comuni di promozione per i brand e i prodotti. Lo stesso rapporto indica come esempio di eccellenza il progetto “Milano Unica”, il salone italiano del tessile che, mettendo insieme quattro fiere (Ideabiella, Ideacomo, Moda In, Shirt Avenue) punta a sostenere il meglio della produzione nel settore. Passiamo all’altro fiore all’occhiello: le macchine per imballaggio. Anche in questo comparto la concorrenza dei Paesi asiatici riesce a concentrarsi solo nei prodotti a basso valore aggiunto ma non riesce a tenere il passo nelle produzioni più avanzate a livello tecnologico. Qui, è l’Emilia Romagna a detenere la leadership dal momento che molte delle principali aziende che si occupano di packaging sono insediate nel Bolognese (Sacmi, Gruppo Seragnoli, Ima, Tmc, Marchesini) o nel Piacentino (Scm Group).

Non meno importanti sono le medaglie di bronzo: 321 prodotti per cui siamo sul terzo gradino del podio in termini di surplus commerciale e che ci fanno guadagnare 45 miliardi di dollari. L’Italia raggiunge questa piazza – afferma il rapporto – «nelle parti e accessori di trattori e autoveicoli per il trasporto di persone, nelle minuterie e oggetti di gioielleria, negli ingranaggi e ruote di frizione per macchine, nei prodotti di materie plastiche, nei divani e poltrone, nelle parti di macchine ed apparecchi meccanici, nei ponti con differenziale per autoveicoli, nelle costruzioni in ghisa, ferro e acciaio». La lista è lunghissima, e comprende molti altri beni. E per chi crede che alla tenuta di alcuni segmenti della manifattura non facciano da contraltare anche i servizi vale la pena ricordare che nel turismo, area in cui l’Italia ha perso quote di mercato nei confronti di altri competitor internazionali, il segmento dei viaggi enogastronomici fa passi da gigante ed è cresciuto anche nel 2012, con un balzo del 12% e un fatturato stimato tra i 3 e i 5 miliardi di euro. Eccelle, in questo ambito, il Piemonte, che è in testa alla classifica delle venti mete a maggiore vocazione enogastronomica del Paese. Prima di dire che l’Italia è senza futuro dovremo aspettare ancora un po’. Magari davanti a un bicchiere di vino.
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