Il blog dei commercianti e dei piccoli imprenditori di Via della Pace a Brescia

lunedì 29 luglio 2013

Boom di nuovi negozi: ma siamo sicuri che è una buona notizia?



Il giornalista Dario Di Vico ha pubblicato recentemente un articolo sul suo blog personale legato al Corriere della Sera - http://nuvola.corriere.it/2013/07/29/commercio-in-2-mesi-7mila-nuovi-esercizi-il-caso-di-asti/ - nel quale apparentemente sembra che emergano dei dati positivi per l'imprenditoria in Italia. Già il titolo dell'articolo promette bene: "Commercio. In due mesi 7000 nuovi esercizi". In pratica, secondo le statistiche, nel periodo di fine primavera (maggio-giugno), uno dei momenti più difficili dell'economia nostrana da diversi anni a questa parte, vi sarebbe stato un boom di nuovi negozi aperti. Ma dietro a ciò si nasconde una cosa inquietante. 

I nuovi esercizi, non sono il frutto della fiducia dei neo-imprenditori, ma semplicemente una sorta di "rifugio in corner", per usare un gergo calcistico, di chi non riesce a trovare un lavoro degno di questo nome. E quindi i nuovi imprenditori sono: a) i giovani, una delle categorie con il più alto numero di disoccupati nel paese; b) i cinquantenni che hanno perso il posto di lavoro e che quindi faticano a trovarne un altro; c) gli immigrati, spesso imprenditori non per motivi prettamente economici, ma spesso "finti" commercianti, o quantomeno commercianti sulla carta, per poter rinnovare il permesso di soggiorno o comunque promuovere assunzioni di compaesani, un giro questo che di legale e etico ha ben poco. Insomma, la nuova imprenditoria è più mossa da necessità di vario tipo, che non da un vero intento legato al mondo del business. 

Queste attività poi, normalmente hanno vita breve, il tempo di far passare qualche mese, rimanere indietro con l'affitto del negozio e con le altre spese, e poi spariscono nel nulla. Basta guardarci intorno e vediamo come ormai la vita media di un piccolo negozio, anche nel centro di Brescia, non arrivi nemmeno ad anno. 

Non tutto è oro quello che luccica. Da un lato l'aumento delle attività imprenditoriali sembrerebbe positivo; ma un'analisi più approfondita del fenomeno ci porta a trarre delle conclusioni non molto ottimistiche sul mondo dell'imprenditoria. 


Ali Reza Jalali - Persian Art Tappeti Persiani 

domenica 28 luglio 2013

Passaggio in Via Pace : Un perfetto gioco di squadra!

Passaggio in Via Pace : Un perfetto gioco di squadra!: E’ evidente che a Brescia c’è un problema commercio molto grave, basta andare in giro per la città e rendersi conto della tristezza d...

Un perfetto gioco di squadra!



E’ evidente che a Brescia c’è un problema commercio molto grave, basta andare in giro per la città e rendersi conto della tristezza delle tante vetrine ormai inesorabilmente chiuse, e dei negozi vuoti.
Avanti di questo passo, superiamo quella soglia irreversibile dove qualsiasi provvedimento preso sarà ormai inutile e senza senso.
Che fare?
Credo che la prima cosa sia di dare voce il più possibile ai diretti interessati, non solo alle organizzazioni, che sono strutture autoreferenziali, ma ai singoli cittadini che esercitano un lavoro in una condizione di  emergenza. Non ci sono clienti, non c’è una politica adeguata di sostegno.  E i negozi sono importanti, credo di averlo scritto ormai mille volte, sono la ricchezza della città, sono presidio, accoglienza, sono la varietà di produzione del made in Italy, sono l’espressione in prima linea delle piccole aziende italiane.
La chiusura dei negozi significa chiusura delle imprese di produzione, esempio:  quella vite così perfetta prodotta da una piccola azienda italiana, una volta chiusa la ferramenta, non esiste più e saremo costretti ad andare in un grosso centro fai da te a comprare un prodotto imperfetto cinese. E’ questo che vogliamo noi italiani?
Chiedo a coloro che nella politica si occupano o si occuperanno del settore commercio di uscire dal palazzo, perché questo è doverosamente il loro compito, e sentire i tanti problemi, solo così si può trovare una soluzione per tutti. Purtroppo in politica entrano sempre persone che con il lavoro autonomo poco hanno a che fare e i risultati si vedono.
Non c’è più spazio per iniziative datate, costose,  ma solo per  un progetto capace di mettere in relazione residenti e commercianti, uniti  nella valorizzazione  della bellezza della città, che ne ha tanta, da mostrare a quei turisti vicini e lontani affamati di un valore che solo l’Italia possiede e Brescia è uno scrigno. Una città meravigliosa, in un territorio diversificato pieno di risorse naturali ed  enogastronomiche da lasciare tutti senza parole. Vogliamo valorizzarle.
Ci vogliono parole semplici e nuove, condivise e trasparenti, per un progetto che non ha costi, investe tutta la città, nessuno escluso,  e rimette in moto un motore ingrippato. Un minimo di organizzazione, ma nulla calato dall’alto e deciso a tavolino, con costi,  stili e metodi non più applicabili, ci vuole  solo un perfetto gioco di squadra.  Risparmiamo denaro e facciamo circolare le buone idee…..serve qualcuno che le vuole raccogliere.  Chi si fa avanti?

Annamaria Beretta
Titolare di Rosantico

domenica 21 luglio 2013

Lombardia: imprese, Brescia seconda solo a Milano

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La situazione economica lombarda continua a presentare delle criticità, anche se non mancano i segnali positivi.
Nonostante la crisi il sistema imprenditoriale registra un tasso di crescita del +0,6% (il doppio del dato nazionale +0,3%) per un totale di quasi 822 mila imprese attive, di cui un quinto con titolari donne e circa il 10 % con un titolare (o un controllo) straniero. Tuttavia le nuove iscritte sono calate, in un anno del 2,3%, mentre le cessate si sono ampliate quasi del 9%.

Dopo Milano (284.915 imprese), la provincia lombarda più imprenditoriale è Brescia con 110.643 imprese, seguita da Bergamo (86.547), Monza e Brianza (64.432), Varese (63.903) e Como (45.149).
Diminuiscono i fatturati delle imprese lombarde, ma regge la domanda estera (+0,4% gli ordini, +3,3% il fatturato del manifatturiero). E se le previsioni per quest’anno rimangono negative, il biennio 2014-15 riporterà la Lombardia ai valori pre-crisi con una crescita del +1,1% nel 2014, superiore al dato italiano (+0,7%), ed in linea con quello europeo (+1,1%).

Il sistema economico lombardo tiene soprattutto grazie alla sua vocazione internazionale: nel 2012 le esportazioni lombarde sono cresciute del 3,7% con 4 province lombarde tra le prime dieci esportatrici in Italia (Milano, Brescia, Bergamo e Varese). Bene anche la capacità delle imprese lombarde di proiettarsi verso l’estero: a livello europeo nel 2012 la Lombardia si posiziona al nono posto tra tutte le regioni europee per IDE in uscita.
Crescono le imprese della green-economy (+44% in quattro anni), del welfare e dei servizi alla persona ( tasso di crescita del 0,7% nel 2012). Decisamente più difficile la situazione del mercato del lavoro: cresce il tasso di disoccupazione (7,6%, +1,8 punti percentuali in un anno) ma rimangono stabili gli occupati grazie al lavoro femminile (+2%).

giovedì 18 luglio 2013

Cna, 6 proposte per una conversione "green" dell'economia italiana


Un cambio di sistema e una nuova politica industriale sono state chieste a gran voce dalla Cna. La Confederazione degli artigiani ha stilato 6 proposte per rendere l'economia italiana veramente 2green":
1) "Una riforma fiscale green"- la Cna chiede di far pagare di più a chi inquina, non dunque una diminuzione delle tasse, ma un semplice spostamento delle aliquote a gettito invariato. Una proposta simile è già stata proposta nell'ambito dei rifiuti anche da Legambiente che ha lanciato una petizione popolare per modificare la Tares chiedendo di far pagare meno a imprese e famiglie che producono meno rifiuti.
2) "Investimenti per infrastrutturare il Paese"- il riferimento è sia a infrastrutture materiale che immateriali;
3) "Abolizione del SISTRI"- la Cna sottolinea che il sistema per la tracciabilità dei rifiuti è costato alle imprese 400 milioni  di euro e lo definisce "truffaldino, falso e inefficace";
4) "Semplificazione- Think Small First"- la richiesta è quella di leggi più semplici per allentare il cappio della burocrazia sulle imprese;
5) "Politiche di vantaggio e di revisione del sistema di incentivazione"- per la Cna gli incentivi per la produzione green son fondamentali, tanto che tra le misure più urgenti si sottolinea proprio la necessità di stabilizzare la detrazione fiscale del 65% e di creare nuovi incentivi per il fotovoltaico, favorendo in particolar modo i piccoli impianti adatti alle famiglie e alle imprese;
6) "Una nuova rappresentanza e un polo ambientale per le imprese green"- la Cna ritiene necessaria la creazione di una confederazione delle imprese verdi e si dice pronta a guidare questa nuova federazione.
La confederazione ha rilasciato anche alcuni numeri che testimoniano gli effetti benefici della green economy: dai 5,6 milioni di posti di lavoro in Europa attualmente connessi all'economia verde ai vantaggi che hanno le aziende che investono in innovazione, ad esempio nel 2011 il 37% delle imprese che realizzano eco-investimenti ha esportato contro il 22% di quelle non green.
Tutti questi concetti sono stati espressi, in modo più dettagliato, anche da Tommaso Campanile, Responsabile Dipartimento Ambiente e Competitività, che nella sua relazione ha affrontato le tematiche relative allo sviluppo di un'economia green, ai posti di lavoro già oggi legati a questo settore e alle iniziative, soprattutto in ambito politico, che a suo avviso dovrebbero essere attuate.
Campanile ha ricordato inoltre gli impegni sul clima e l'energia imposti dall'Unione Europea fissati nel famoso pacchetto 20-20-20, ma ricordando anche che, guardando oltre il 2020, è sempre più probabile la creazione di una nuova Roadmap al 2050 che porti gli Stati membri a investire in efficienza energetica e fonti rinnovabili per tagliare le emissioni di gas dell'80-95% al 2050.
Per questo motivo nella sua relazione Campanile ritiene necessario un nuovo modello di sviluppo: "I ritardi accumulati- si legge nella relazione- devono essere superati con decisioni che possano orientare sicuramente la vita delle famiglie, gli stili di vita, i consumi, la produzione di beni e servizi pur in un'economia di mercato che garantisca concorrenza e scambi commerciali."


Read more: http://it.ibtimes.com/articles/52913/20130716/cna-green-economy.htm#ixzz2ZPZRIiMY

sabato 13 luglio 2013

Il lavoro! la nostra passione



Come ha raccontato Stefano nella sua bellissima storia anch’io condivido con lui l’assidua frequentazione per lavoro della Francia.
Un territorio bellissimo, nulla da dire,  una varietà di paesaggi, dalle dolci colline della Provenza all’ambiente aspro e selvaggio della Camargue, dal mare Mediterraneo all’oceano Atlantico, un sud dai colori accesi  accanto al nord dai cieli grigi spazzati dal vento, campi di girasoli e lavanda abitati dal canto infinito delle cicale, e spiagge nordiche riscaldate da un sole un po’ malaticcio.
Ciò che mi ha sempre colpito è la capacità di fare squadra dei francesi, di esaltare territorio e prodotti, idee e imprese,  ognuno accanto all’altro  e per l’altro. E’ una storia che dobbiamo imparare anche noi, perché nulla sarà più come prima, e l’unica possibilità che abbiamo per uscire da questo pantano, fatto soprattutto di cattiva politica, è unirci l’un l’altro, in difesa del nostro lavoro, delle nostre aziende, e dei nostri prodotti.
Scrive Paul Boucuse, il famoso chef francese, se gli italiani fossero consapevoli della ricchezza e  varietà delle loro materie prime la Francia perderebbe immediatamente il primato della cucina più raffinata del mondo.
Forza dunque,  cosa ci manca, abbiamo una ricchezza creativa che il mondo ci invidia, siamo impregnati di quella bellezza che da sempre fa da sfondo alla nostra esistenza, e che abbiamo trasferito in ogni prodotto, è questo surplus irripetibile che altrove si coglie e che diventa la nostra arma vincente.
Siamo ancora in tempo per riprenderci in mano il timone, dobbiamo essere uniti e fare sentire la nostra voce, quella delle piccole imprese, quella che più di altre è stata zittita in questi decenni a favore di chi con minori ragioni e disonesti obiettivi  ha occupato la scena. Dobbiamo farlo in prima persona, non possiamo più delegare a nessuno il compito di rappresentarci,  perché ciò che è successo lo vediamo ogni giorno, nelle aziende che chiudono,  in chi perde il proprio lavoro, nei negozi che più non riaprono, nella difficoltà economica che attraversa l’intero Paese. Non dobbiamo più essere  i senza voce, ma quella  voce, piena di rabbia e di speranza insieme  che ci permette di cambiare finalmente le regole e di mettere il valore LAVORO al primo posto, come dice la nostra bella Costituzione.
Leonardo da Vinci era cittadino italiano solo questo dovrebbe farci alzare la testa di fronte a chi  nella storia ha lasciato una traccia crudele e  indelebile; grazie a Dio, noi abbiamo riempito gli occhi di tutti con la bellezza,  di un Paese ricco di storia, di cultura, di genialità, è questo il concetto che dobbiamo urlare a  chi vuole imbrigliarci nei meccanismi della  finanza, incastrarci nel debito pubblico, distruggerci con imposizioni pesanti,  metterci l’uno contro l’altro,  forse non ha ancora capito chi siamo.  Siamo coloro che hanno ripreso la voce.
Annamaria Beretta titolare di Rosantico

mercoledì 10 luglio 2013

Le aziende del Nord sono ancora competitive

La buona notizia/ Le aziende del Nord sono ancora competitive

Nonostante l'aggressione fiscale di uno Stato incapace di riformarsi, i nostri imprenditori continuano a produrre eccellenze. Quelle che nel mercato mondiale conquistano il podio per qualità e export
competitiviL’Italia può ancora gonfiare il petto in giro per il mondo: in alcuni settori produttivi è la prima esportatrice a livello internazionale. E il Nord può esserne fiero perché la maggior parte dei primati è raggiunta grazie alle sue pmi. Lo scenario emerge dal rapporto I.T.A.L.I.A. – Geografie del nuovo made in Italy, realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison. La ricerca dimostra che il Paese sa ancora sfoggiare eccellenze in grado di conquistare i mercati internazionali. I segnali incoraggianti non arrivano soltanto dalle “quattro A” (arredamento, abbigliamento, alimentazione, apparecchiature industriali) in cui storicamente il made in Italy è competitivo, ma anche da tutti quei comparti in cui il valore aggiunto rappresentato da qualità, innovazione e designrende più complicato l’accesso sul mercato dei Paesi emergenti come la Cina. Secondo l’analisi, che riporta dati del 2011, l’Italia vanta quasi mille prodotti (946 per l’esattezza) ai primi tre posti al mondo per saldo commerciale attivo con l’estero. Le “medaglie d’oro”, ovvero i manufatti per cui il nostro Paese detiene la prima posizione per surplus commerciale con l’estero, sono 235 e fruttano 63 miliardi di dollari.
Nella top ten delle medaglie d’oro si trovano nell’ordine: le calzature con suola esterna e tomaia in cuoio naturale (per cui l’Italia guadagna 2,7 miliardi), macchine e apparecchi per imballaggio (2,5 miliardi), piastrelle e lastre da rivestimento in ceramica verniciate o smaltate (2,5 miliardi), borse in pelle (2,2 miliardi), occhiali da sole (1,9 miliardi), pasta (1,8 miliardi), cuoio a pieno fiore conciato (1,8 miliardi), barche e panfili da diporto (1,6 miliardi), conduttori elettrici (1,4 miliardi), e parti di macchine per imballaggio e altri apparecchi (1,4 miliardi). Se andiamo a vedere quali sono i protagonisti di questi record incontriamo in quasi tutti i comparti soprattutto compagnie del Nord. La sola brillante eccezione, per i primi dieci prodotti, è la pasta, dove fanno la voce grossa anche le compagnie meridionali. Prendiamo la vetta: le calzature e gli stivali in pelle e cuoio. In questo tipo di produzione, i cinesi arrancano per criticità tecniche – lavorare suole in cuoio è un’operazione complicata – e di costo. I campioni della pelletteria italiana si trovano in Toscana, dove nel polo fiorentino del lusso si addensano reti di piccole imprese che lavorano conto terzi e servono le griffe più prestigiose. Per il design e la produzione di materie tessili per uomo e donna, altra punta di diamante del nostro manifatturiero, il fulcro delle attività diventa la Lombardia, in cui accade molto più di frequente che le imprese del comparto si coalizzino per organizzare iniziative comuni di promozione per i brand e i prodotti. Lo stesso rapporto indica come esempio di eccellenza il progetto “Milano Unica”, il salone italiano del tessile che, mettendo insieme quattro fiere (Ideabiella, Ideacomo, Moda In, Shirt Avenue) punta a sostenere il meglio della produzione nel settore. Passiamo all’altro fiore all’occhiello: le macchine per imballaggio. Anche in questo comparto la concorrenza dei Paesi asiatici riesce a concentrarsi solo nei prodotti a basso valore aggiunto ma non riesce a tenere il passo nelle produzioni più avanzate a livello tecnologico. Qui, è l’Emilia Romagna a detenere la leadership dal momento che molte delle principali aziende che si occupano di packaging sono insediate nel Bolognese (Sacmi, Gruppo Seragnoli, Ima, Tmc, Marchesini) o nel Piacentino (Scm Group).
competitivi_1Le medaglie d’oro brillano, ma anche quelle d’argento, ovvero le produzioni per cui l’Italia detiene ilsecondo posto nell’export, contribuiscono a salvare la nostra industria. Ne sono 390 in tutto e valgono un saldo commerciale di 74 miliardi. Anche in questo caso, i maggiori produttori sono le “multinazionali tascabili” sparse al di qua e al di là del Po. La seconda posizione più rilevante in termini di saldo commerciale con l’estero è quella nei vini e spumanti, che ci fa guadagnare 4,7 miliardi di dollari: siamo dietro soltanto ai “cugini” francesi. Subito dopo, il comparto dellarubinetteria e del valvolame, in cui l’Italia riesce a giocare un ruolo di primo piano grazie alle imprese medie e medio-grandi che trovano spazio in due distretti industriali determinanti per l’economia nostrana: quello bresciano di Lumezzane e quello piemontese del Lago d’Orta-Valsesia. Il caso esemplare fornito dal dossier, le Officine Rigamonti di Valduggia, nel Vercellese, è particolarmente significativo: l’azienda – si legge – «negli ultimi vent’anni ha vissuto una vera rivoluzione: prima le produzioni speciali, a maggiore valore aggiunto, valevano solo il 30% del suo fatturato, ora la quota è quasi triplicata». A dimostrazione che il coraggio di innovare è l’unica arma per tenere botta tra le spire della globalizzazione. Sempre nella produzione di rubinetti spicca il territorio di Novara, in cui si concentrano alcune dei big player del segmento, come Caleffi, Giacomini, Cimberio, Pettinaroli, Carlo Nobili Rubinetterie e Paini. Quest’ultima ha tra i suoi clientiIkea, segno che in molte realtà la capacità di adattare la produzione alle esigenze del mercato non viene meno neanche nei periodi di crisi. Tra le medaglie d’argento per saldo commerciale con l’estero ci sono anche le navi da crociera, dove si distingue la Liguria, il caffè torrefatto, per il quale ilFriuli Venezia Giulia mette in campo un’eccellenza come Illy, i mobili di legno per cucine, che si concentra in distretti tra cui Monza-Brianza e Pesaro-Urbino.
Non meno importanti sono le medaglie di bronzo: 321 prodotti per cui siamo sul terzo gradino del podio in termini di surplus commerciale e che ci fanno guadagnare 45 miliardi di dollari. L’Italia raggiunge questa piazza – afferma il rapporto – «nelle parti e accessori di trattori e autoveicoli per il trasporto di persone, nelle minuterie e oggetti di gioielleria, negli ingranaggi e ruote di frizione per macchine, nei prodotti di materie plastiche, nei divani e poltrone, nelle parti di macchine ed apparecchi meccanici, nei ponti con differenziale per autoveicoli, nelle costruzioni in ghisa, ferro e acciaio». La lista è lunghissima, e comprende molti altri beni. E per chi crede che alla tenuta di alcuni segmenti della manifattura non facciano da contraltare anche i servizi vale la pena ricordare che nel turismo, area in cui l’Italia ha perso quote di mercato nei confronti di altri competitor internazionali, il segmento dei viaggi enogastronomici fa passi da gigante ed è cresciuto anche nel 2012, con un balzo del 12% e un fatturato stimato tra i 3 e i 5 miliardi di euro. Eccelle, in questo ambito, il Piemonte, che è in testa alla classifica delle venti mete a maggiore vocazione enogastronomica del Paese. Prima di dire che l’Italia è senza futuro dovremo aspettare ancora un po’. Magari davanti a un bicchiere di vino.

Organizzazioni di categoria? No grazie!




Sono tantissime le organizzazioni di categoria eredi di quelle
corporazioni medioevali che hanno sostenuto e promosso in modo
eccellente  le arti, i mestieri, le professioni,  tradizione che  ha
reso grande e unica  l’Italia nel mondo.

Nonostante la proliferazione di sigle,  mai il lavoro autonomo ha
vissuto periodo più nero, chiude un’azienda al minuto, e quelle che
restano boccheggiano soffocate da un’imposizione fiscale che non
lascia scampo, stritolate dalla crisi peggiore degli ultimi anni.
Lavoratori autonomi additati dalla pubblica opinione come evasori
fiscali, schiacciati da ritmi di lavoro che per tutti gli altri
lavoratori sarebbero insostenibili, sprovvisti di  ammortizzatori
sociali, tanto da non permettersi il lusso di ammalarsi, titolari,
forse, di  pensioni esigue, da percepire molto in là negli anni,
nonostante i tanti contributi versati.

Nessuna capacità di risposta delle organizzazioni  a eventi gravi che
nella vita lavorativa di tutti possono accadere, nessun fondo di
solidarietà, nonostante il denaro si sprechi nei tanti convegni, nei
giornali patinati, pieni di parole che interessano pochi. Nessuna
analisi sui tanti suicidi che parlano di vite difficili, di conti che
vanno storti, di ordini che non arrivano, di lavoro che manca.  Storie
di  piccoli imprenditori che soccombono sotto il peso della crisi,
spesso per la vergogna che nulla è più come prima, e lavorare sodo non
basta più . Come soluzioni arrivano  risposte banali, mediocri,  un
numero verde dove parlare con un operatore quasi per finta, perché la
disperazione continua ogni giorno in questo Paese che non l’ha mai
conosciuta in questa forma inquietante. Siamo sempre stati una
comunità di persone, ognuno dentro una rete di mutuo soccorso, avevamo
di meno ma sapevamo condividere tanto. Avere un’organizzazione di
rappresentanza servirebbe a sottolineare anche questo valore, invece
le porte per chi ha bisogno si chiudono, a doppia mandata. Se prima il
lavoratore autonomo  era un senza voce nel dramma diventa  invisibile.

La cosa più grave è il loro  conflitto d’interessi che aleggia
pesante, e sul quale bisognerebbe indagare, da una parte impegnati a
parole, a rappresentare, promuovere e difendere il lavoro autonomo,
dall’altra a gestire la contabilità degli iscritti. Non può essere il
loro obiettivo la semplificazione se dalla complicazione di norme, di
registri,  di altro traggono guadagno.

Sono lo specchio di una cattiva politica che esclude invece di dare
voce che non risolve i problemi ma diventa il problema, che ha bisogno
di tessere per continuare ad esistere e poltrone dove siedono le
stesse persone da anni.

La soluzione è solo una:  dare voce  ai piccoli  lavoratori autonomi
nei luoghi della  Politica,  senza  intermediazione alcuna, facendo
circolare le buone  IDEE.

Annamaria Beretta titolare di Rosantico

domenica 7 luglio 2013

Servono idee, non tessere e poltrone





Caro Commerciante….

Ancora non avevo aperto il negozio  ma i vigili, nonostante il
cartello sulla porta d’ingresso avvisava di una prossima apertura, mi
hanno fatto visita,  chiedendomi una serie di documenti, registri e
altro.  Aprire un’attività non è certo facile ma diventa ancora più
complicato quando il benvenuto ufficiale ti viene dato in questo modo.
Era un sabato pomeriggio, lo ricordo benissimo, non  erano in divisa e
anche questo mi fa pensare che la loro uscita la devo ad una
segnalazione fatta in ufficio da qualcuno che invece di vedermi come
supporto al suo lavoro dentro un magnifico  gioco di squadra mi ha
visto come concorrente sul mercato.
Quanto siamo lontani da un modello  saggio del vivere urbano, e quanto
poco basterebbe per cambiare le cose.
Vorrei che all’apertura di un negozio, il titolare ricevesse un
benvenuto dall’amministrazione :

……..- Caro commerciante, grazie per l’apertura del tuo negozio, con il
tuo lavoro quotidiano contribuirai alla bellezza della nostra città, a
renderla più ospitale, sicura, viva e accogliente.
Puoi raggiungere la tua attività con i seguenti mezzi pubblici ……in
auto puoi parcheggiare……a questi costi… Hai diritto ad una sosta per
un carico e scarico nelle aree adibite. I tuoi clienti possono
arrivare da te con questa modalità……In questi giorni o orari ci sono
tariffe speciali….
Nella tua via ci sono i seguenti beni storici……ti verrà consegnato
presto un pieghevole fatto dall’amministrazione con la collaborazione
dell’ente turistico dove è possibile fare una tua inserzione,  se lo
desideri,  a costi contenuti. Ti chiediamo di aiutarci a valorizzare
ciò che è intorno a te.
Abbiamo in progetto manifestazioni di via, di quartiere, di piazza,
ogni evento sarà condiviso tra i titolari delle  attività, i residenti
e le organizzazioni presenti sul territorio. Chiediamo la tua
disponibilità. Vogliamo una mano, non soldi. - ………

Chiedo troppo? No, sono progetti semplici che un assessore al
commercio libero, colto,  per bene ed avveduto sarebbe in grado di
attuare nel giro di poco senza costi per la comunità.
Abbiamo una città ricolma di tesori d’arte, di storia e di storie non
abbiamo bisogno degli effetti speciali per attirare l’attenzione, è
già tanto quello che c’è, serve un lavoro di rammendo tra le tante
esperienze, tra chi lavora e chi vi abita,  ognuno deve essere
collegato all’altro consapevole che la sorte di ognuno è la sorte di
tutti e la bellezza è lo sfondo su cui ci si muove.  Bellezza che è
fragilità e potenza insieme capace di muovere il mondo intero.
Non c’è più posto per chi crede di essere più bravo degli altri o chi
se la tira senza ragione, il mondo di oggi richiede semplicità ed
unione perchè si è fatto più difficile viverci e la riuscita non è più
dei singoli soggetti ma appartiene a tutti, insieme.  Nessuno deve
sentirsi escluso, in un gioco di equipe  perfetto dove ognuno ha un
proprio ruolo, grande o piccolo non importa, solo così possiamo
farcela!

Annamaria Beretta titolare di Rosantico

giovedì 4 luglio 2013

A Brescia si vince tutti insieme

L'interno del negozio PERSIAN ART - TAPPETI PERSIANI in via della Pace 


Il rilancio dell’imprenditoria bresciana, in un momento storico così negativo per l’economia del “Bel Paese”, è uno degli aspetti più importanti per chiunque voglia analizzare il sistema nel suo complesso. Brescia ha sempre rappresentato, e continuerà a farlo ancora  per molto, il cuore pulsante dell’economia italiana, per via della sua capacità ineguagliata di cultura del lavoro, culto della legalità (la provincia di Brescia e la Lombardia sono agli ultimi posti a livello nazionale per il triste fenomeno dell’evasione fiscale, mostrando una “correttezza imprenditoriale” notevole) e passione per l’impresa, soprattutto di piccola e media dimensione. Basta farsi un giro per la città e per la provincia, e subito ci si rende conto di come “l’officina” o “la bottega sotto casa” faccia parte del paesaggio bresciano.
In una situazione del genere, soprattutto nel meraviglioso centro storico che abbiamo a disposizione, frutto del secolare impegno dei bresciani, vedere molti negozi chiudere è uno spettacolo assai triste. Ora, prendiamo atto della situazione negativa, e da persone responsabili, sia nei confronti degli imprenditori e della cittadinanza, in quanto un negozio chiuso è un danno per l’immagine e la sicurezza dei cittadini stessi, sia per quello che riguarda il rapporto con le istituzioni e la promozione di attività congiunte imprenditori del centro storico-cittadini-istituzioni, rimbocchiamoci le maniche e promuoviamo la rinascita della città.
Tutti i bresciani possono dare un contributo propositivo alla realizzazione di idee utili alla collettività; anche il mondo della politica può essere coinvolto in questo progetto alternativo e non dispendioso economicamente, senza distinzioni ideologiche e barricate inutili, fuori da ogni estremismo e all’insegna della concretezza e della moderazione. Supportiamo con forza ogni progetto finalizzato alla rinascita del centro storico di Brescia, che venga presentato quindi non solo dai commercianti e dagli imprenditori, ma anche dai cittadini e dalle istituzioni politiche. Brescia non è la città di una sola categoria o di un solo partito, è la città di tutti i bresciani. Brescia non è la città di “chi vince” o di “chi perde”, è la città di tutti. Si vince tutti insieme. 

  
ALI REZA JALALI


PERSIAN ART – TAPPETI PERSIANI

mercoledì 3 luglio 2013

I negozi. Le storie (ROSANTICO)




I negozi. Le storie.


E ora ? mi racconto….

Mi sento spesso rivolgere la domanda, cosa fai in questo negozio?
C’è un senso di smarrimento in chi me la pone che capisco, ognuno ha
le sue certezze più o meno blindate  e trovarsi in un luogo che rompe
gli schemi equivale ad aprire la mente ed il cuore a soluzioni diverse
e inattese.
Da fuori ci si aspetta di trovare dei fiori, e l’invito con un
cartello, fatto secondo il mio stile naìf,  ad entrare, dice:  non si
può cogliere l’anima con uno sguardo superficiale. Dentro c’è altro,
c’è la mia origine nel mondo antiquario, l’idea di bellezza sempre, il
lavoro sapiente delle mani, la forma, il colore, la simmetria, il
tempo. Poi lo sguardo si sposta, agli acquerelli, i gatti soprattutto,
dagli occhi vivaci, ognuno con un proprio carattere, maschi e femmine
perché anche questo si vede. La lavanda è il profumo di sottofondo,
arriva dalla Provenza coltivata a mille metri d’altezza, vendo  i
mazzi di fiori, l’olio essenziale e i cuscini.
I quaderni di carta a mano con le riflessioni estemporanee sulla prima
pagina dedicata ai pensieri colorati capaci di delineare un nuovo
mondo.
Le confezioni sempre diverse, un tocco d’acquarello, la lana, lo
spago, la ceralacca, le soffici nuvole  dove avvolgere  i cuori chiama
angeli. Ultimamente mi è capitato di  accogliere  una serie di orsetti
con le ali. Da dove venite? – siamo qui per giocare – mi hanno
risposto – bene quando iniziamo?
Ogni cosa prende vita o forse è solo la mia immaginazione, che vola
tra le parole su un foglio, ho poco tempo per scrivere, lo faccio di
sera, di giorno c’è un andirivieni, come in una stazione di treni, chi
arriva, chi parte, chi lascia un saluto, chi vuole parlare, chi per
fortuna acquista qualcosa, altrimenti l’affitto come lo pago?
Poi ci sono le tante sedie, indice di incontri sui vari temi.
Le orchidee, divine creature, figlie dell’aria,  dall’identità
femminile e nome maschile capaci di evocare quella primigenia
dell’integrità originale, e di collegare oriente ed occidente.
I sette specchi Esseni, parole semplici di una saggezza antica di cui
abbiamo perso la conoscenza,  ma la chiave d’accesso è a portata di
mano.
Riunioni politiche perché anche l’impegno civile è parte di me, l’ho
respirato da sempre, condivido idee e progetti ma non rinuncio ai
principi.
Ho forse dimenticato qualcosa o qualcuno? Beh si! Madre Franca anche
lei appartiene di fatto al disegno  con i suoi affollatissimi corsi di
filosofia.
Altro?  Stiamo a vedere….volete suggerire qualcosa ? a luglio e agosto
io ci sono.

Annamaria Beretta
titolare di Rosantico

lunedì 1 luglio 2013

Perché nel Paese della bellezza autentica crescono gli outlet e i centri commerciali?





C’è una strategia ben precisa dietro l’organizzazione degli outlet , a
partire dagli edifici, una scenografia di facciata che ricorda le case
di fine ottocento, portici, balconi, costruzioni  a due piani, dotati
di fiori finti alle finestre, che non ospitano degli abitanti ma solo
una sequela di negozi, più o meno uguali.

Il periodo architettonico scelto non è casuale è solo dietro l’angolo
nella nostra memoria, evoca la nostalgia della storia dei nonni,
difficile ottenere lo stesso risultato arretrando nel passato remoto.
Tutto si gioca  in una logica di manipolazione ed estraniazione.
Abituati a convivere con una bellezza senza pari nel mondo,  tanto da
far perdere letteralmente la testa ai tanti turisti stranieri, ed ad
una creatività straordinaria che si riverbera su ogni prodotto
italiano, cosa ci spinge a frequentare dei luoghi fac-simile e perché?

Un sottile disegno vuole cancellare la forza creativa, il made in
Italy, quel marchio a cui ognuno di noi è orgogliosamente fiero di
appartenere, ritrovando in esso la  nostra storia geniale, ma i nostri
prodotti sono sempre di meno sul mercato sostituiti da altri in
vendita in questi luoghi non luoghi. Non è un caso.

L’Italia si sta impoverendo, le imprese di produzione chiudono al
ritmo di una al secondo,  molti nel mondo  ci tengono d’occhio pronti
ad acquistare l’eccellenza in saldo, nuovi investitori francesi arabi
ed asiatici, consapevoli del surplus di valore delle aziende italiane
e dei loro prodotti sono in agguato.

I negozi sono l’avamposto di questa bellezza, sono i luoghi dove si
vende il made in Italy e  la loro chiusura non è casuale, il Potere
vuole che noi si compri altrove prodotti che con la nostra storia non
c’entrano nulla. Eccoci quindi pronti ad  acquistare la tazzina
dell’Ikea a rischio di rottura a contatto di un liquido caldo, per
loro ammissione,  quando abbiamo ( avevamo, ora del gruppo francese
Pinault) la raffinata tazzina Richard Ginori, che in tutta la sua
lunga vita non ha mai dato problemi. Acquistiamo mobili senza durata
fatti con materiali di dubbia provenienza in sostituzione di una
nostra solida e bella tradizione del legno. E potrei continuare…

Aziende italiane fuori gioco per fare posto ad altre ed impoverire il
Paese, rendendolo appetibile a chi se ne intende….e i nostri politici?

Servono idee non tessere e poltrone.

Annamaria Beretta

Titolare di Rosantico